Dimenticate la open innovation e ciò che va di moda: per innovare sul serio il Board deve pianificare e operare una riorganizzazione. Oltre che guardare all’M&A come veicolo per acquisire nuove tecnologie
“Fare innovazione” è il mantra del manager contemporaneo. Se ne parla nei contesti più disparati e in continuazione: le aziende consolidate, che operino in settori tradizionali o innovativi, devono accettare di diventare innovative, poiché questa capacità è intimamente legata alla possibilità di fronteggiare la cosiddetta “disruption”. In questo ambito, il mondo del Venture Capital viene frequentemente chiamato in causa in quanto portatore di innovazione per definizione.
Resta da capire cosa sia l’innovazione e quando realmente può funzionare da volano della crescita per le imprese. Per un Venture Capital sicuramente si tratta di un concetto pervasivo e radicale, molto più di quanto non sia quello esplicitato in ambienti accademici e tradizionali: nella nostra esperienza anche l’open innovation è una categoria più sfumata dell’innovazione che porta alla vera disruption. Mi spiego: come VC finanziamo start-up e scale-up che sono innovative sin dal primo istante, hanno strutture organizzative “lean” e relativamente semplici, almeno fino a un certo punto, ma per la loro stessa natura hanno entro certi limiti la possibilità di sperimentare e ridirezionare il business model se del caso, quindi in concreto possono procedere per prove ed errori. Tuttavia se nel concetto di innovazione è insita la possibilità di fare errori, è sbagliato credere che l’innovazione si debba fare in azienda “improvvisando”.
Al contrario, ci sono alcuni capisaldi da tenere sempre a mente, regole seguendo le quali l’innovazione diventa realmente parte dell’intera struttura e dei processi produttivi e funziona da accelatore per l’impresa. Eccoli:
Un capitolo a parte merita il Fintech dove i classici big players, soggetti del calibro di Goldman Sachs e Credit Suisse, hanno iniziato una serie di acquisizioni, e il trend per i più avveduti sembra destinato a durare, come menzionato da WhiteCase: “il Fintech si è evoluto da minaccia disruptive a opportunità per le istituzioni finanziarie. Le possibilità di stringere accordi di merging sono pressoché infinite.” Accordi che, per chi fa la parte del predatore, spesso si trasformano in un’ancora di salvezza per business decotti.